La banda di Margaret River

Uno dei periodi più belli e importanti di questi ultimi anni è stato sicuramente nel Sud-Ovest dell’Australia, in quella parte di mondo dove il selvaggio convive con il moderno. 

Margaret River è un villaggio nella foresta con poco più di 4000 abitanti, famosa in tutto il mondo per svariati motivi: si stima che ogni anno circa 35 mila balene migrino dall’Antartico verso zone più calde lungo la costa di Margaret, uno spettacolo naturale a cui si può assistere da giugno a dicembre semplicemente dalle spiagge, o più da vicino con qualche tour organizzato. Si può praticare surf, gli amanti di questo sport estremo conoscono bene la qualità di quelle onde, infatti ogni anno si svolge la Margaret River Pro, un evento che vede gareggiare professionisti di tutto il mondo per la World Surfing League.

Uno squalo pescato per sbaglio durante una sessione di pesca

Il mare è spesso ospitato da squali che di tanto in tanto attaccano l’uomo, nel 2018 la gara è stata spostata in Indonesia per il continuo attacco di squali. Infine Margaret è molto rinomata per i suoi vini, è una regione vinicola, famosa per i suoi vini pregiati e per il turismo che questa industria attrae, con 5.500 ettari coltivati e più di 140 aziende produttrici.
Margaret condivide la terra con centinaia di canguri e migliaia di uccelli selvatici, tra cui pappagalli, i quali si possono ammirare volare in stormi per il borgo. Gli agricoltori si contendono continuamente l’uva con la fauna locale. Margaret River è magica. 

Ogni anno, durante il periodo della raccolta dell’uva, che va da febbraio a metà aprile, decine di centinaia di viaggiatori si spostano in questa zona per trovare un lavoro stagionale, gli agricoltori hanno bisogno di un’enorme numero di lavoratori, e i backpackers colgono questa occasione per completare gli 88 giorni di farm richiesti dal governo australiano per richiedere un ulteriore visto. Lavorare in vigna non è facile, chiunque abbia avuto esperienze dirette sa bene a cosa mi riferisco, è un lavoro duro e faticoso, spesso senza pause, ma lavorare a Margaret River ripaga ogni goccia di sudore. Si inizia a lavorare all’alba, ma nel primo pomeriggio si è liberi di godere di tutto quello che questo posto ha da offrire: foreste, spiagge, aria pulita e centinaia di nuove conoscenze da ogni parte del mondo.
A Margaret River ho passato uno dei periodi più divertenti dell’intero anno nella terra dei canguri. Qui ho concluso i miei 88 giorni in farm. Qui si è creata una seconda famiglia e merita di essere raccontata. 

Una delle fantastiche spiagge di Margaret

Prima di arrivare in quella zona mi trovavo nelle vicinanze di Perth, lavoravo in un’altra fattoria, perlopiù guidavo trattori tra gli enormi ettari di viti transportando uva raccolta. Sono rimasto lì il tempo necessario per comprare un van, soprannominato poi Bobino, nella capitale del WA, il fedele compagno di viaggio che mi ha accompagnato intorno al paese per più di 14mila km, ho costruito nel suo interno l’indispensabile per un roadtrip e sono partito. Non sapevo perché, senza esserci mai stato, provavo una particolare attrazione per Margaret River, sentivo dentro di me che quello era il mio posto, è lì che dovevo andare e vivere per qualche mese. Ho imparato col tempo che questo genere di sensazioni vanno ascoltate, quando senti quel forte richiamo dentro di te, una forza e un desiderio che ti spingono in una certa direzione o luogo, allora stai pur certo che è la giusta via da seguire.

Arrivando da nord ho deciso di fermarmi a Gracetown prima di entrare a Margaret, un minuscolo villaggio sul mare, frequentato da decine di surfisti che tutti i pomeriggi sfidano onde alte fino a 3 metri. Il primo impatto è stato sorprendente, vedere tutte quelle persone in mare cavalcare le onde e cadere in acqua, sembrava divertentissimo. Io mi sono goduto una vista mozzafiato e un tramonto stupendo. Il mio soggiorno non era ancora cominciato, eppure ero già innamorato di quel posto.

Da sin: Mattia, Alessio, Andrea, Marco, Io

Sono arrivato in ostello per l’ora di cena, al Margaret River Lodge, dove incontro per la prima volta Mattia e Andrea, due italiani ormai veterani del luogo, vivevano lì da qualche mese e conoscevano bene l’ostello e i dintorni, approfitto per chiedergli qualche consiglio su come muovermi nella località per trovare lavoro. Passiamo qualche ora insieme, ci raccontiamo alcune esperienze e di come siamo finiti dall’altra parte del mondo. C’è subito un’ottima sintonia tra noi tre. Sfortunatamente ho scoperto col tempo che le storie di molti italiani all’estero sono molto differenti ma poi davvero simili, purtroppo siamo in troppi a voler qualcosa che l’Italia fatica a darci, per i giovani è davvero difficile trovare uno sbocco o un lavoro soddisfacente, per cui anche se proveniamo da diverse parti dello stivale, quella sensazione di insoddisfazione è familiare alla maggior parte. L’Australia è un ottima esperienza per staccare per un anno o due dalla quotidianità del bel paese, ti permette di guadagnare dei soldi e viaggiare per un lungo periodo in quelle terre di infinita bellezza. Tutti e tre volevamo qualcosa di diverso. Viaggiare, esplorare, mettersi in gioco, imparare una nuova lingua, fare un’esperienza personale che fortifichi il carattere e avere un ricordo speciale da portare con sé. Margaret ci ha dato questo e altro. 

Il giorno dopo di buon ora mi addentro per Margaret con le migliori aspettative, è stata sorprendentemente scoraggiante devo dire. La realtà è che la vita non è mai come immaginavi, ma di sicuro sa sorprenderti senza avvertirti. 

La piccola Margaret River

La cittadina è molto piccola, il centro, se così vogliamo chiamarlo, è formato da un’unica via di poche centinaia di metri, qualche negozio, che sono poi gli stessi sparsi per tutta l’Australia, con i soliti prezzi medio/alti, un paio di supermercati, qualche bar e qualche ristorante. Il centro non aveva nulla di particolare, il che mi sorprese, le mie aspettative per una cittadina di surfisti erano altre, non sapevo esattamente cosa aspettarmi, ma nulla era diverso da tante altre cittadine visitate prima. 

Mi sono recato verso le agenzie che collaborano con tutte le vigne della zona, mi era stato riferito fosse l’unico modo per lavorare a Margaret River. Lo scenario è stato ancora più demoralizzante, decine e decine di ragazzi in fila davanti a queste agenzie in cerca di un posto stagionale. Come tanti decido di sedermi a terra aspettando il mio turno per entrare e iscrivermi.
Era una giornata caldissima e il sole non accennava a darci tregua. Alcuni addetti agli uffici sono persino usciti a distribuire bottigliette d’acqua, sembrava di essere in coda alla mensa dei poveri. Non più di dieci persone alla volta potevano entrare per iscriversi, nonostante la velocità degli uffici australiani, era un processo lungo, molto più di quanto mi aspettassi. Ho passato l’intero pomeriggio seduto a terra aspettando il mio turno, ma non è stato abbastanza, alle 17:00 l’ufficio ha chiuso dicendo a tutti di tornare il giorno dopo. Per non perdere il posto guadagnato con ore di attesa ci è stato consegnato un pezzo di carta con un numero, utilizzabile il giorno successivo.
Con il morale a terra ma non rassegnato, decido di camminare in cerca di un’altra agenzia e miracolosamente ne trovo una ancora aperta con un’attesa di una sola mezz’ora.
Finalmente dentro inizio l’ambita compilazione dei moduli, ci viene spiegato come funziona il lavoro e i compiti da eseguire nei mesi successivi. Onestamente penso di aver capito il 50% del discorso, giusto il sufficiente per sopravvivere.
Mentre compilo il modulo con i miei dati personali provo una strana sensazione, ho come l’impressione di trovarmi nell’agenzia sbagliata. Non so spiegare il perché, ma decido di dar retta alle mie emozioni, alla voce dell’anima, e di aspettare il giorno dopo per iscrivermi “all’agenzia dei disperati”, dove le probabilità di essere chiamato erano inferiori, con nessuna sicurezza di riuscire a iscrivermi il giorno dopo data l’enorme quantità di persone.

Con il morale sotto le scarpe torno in ostello, sulla strada di ritorno ho provato un senso di rassegnazione profonda. L’idea di competere la ricerca di un lavoro con centinaia di ragazzi, per di più con il mio livello d’inglese, e quindi di comunicazione scarso, era difficile da sostenere. Spesso in queste occasioni mi aiuta pensare: domani è un altro giorno. 

Nel dormitorio incontro Marco, un altro italiano arrivato da poco a Margaret River in cerca di lavoro, dopo le solite presentazioni iniziamo a parlare di noi. Lui è nel suo secondo WorkingHolidayVisa, significa che è già stato un anno in Australia e ne ha cominciato un altro, mi racconta delle esperienze vissute in passato e io racconto a lui della mia pessima e deludente giornata. É stato molto di conforto e la sua positività mi ha rimesso di buon umore, si è dimostrato fin da subito un ottimo sostegno morale. Marco è un gigante dal cuore tenero. É stato il mio fratello nel dormitorio M1 per tutta la mia permanenza a Margaret. 

La sera la passiamo tra italiani: Io, Mattia, Andrea e Marco. Le risate fatte con loro mi hanno cambiato completamente la giornata. La simpatia di quei tre mi è servita da motivazione per il giorno successivo. 

Il trattore usato per il Netting

Il giorno dopo torno all’agenzia con il mio pezzetto di carta e qualche buona intenzione. Riesco a iscrivermi in fretta, ma dietro di me c’era la stessa fila interminabile del giorno prima. Era incredibile l’accumularsi giorno dopo giorno di tutte quelle persone in città, mi sono reso conto più tardi che anche il nostro ostello era ormai al completo. La compagnia dei tre ragazzi italiani mi fa dimenticare l’ansia del lavoro e mi godo il tempo con loro.
Durante la serata ricevo un messaggio, l’agenzia mi scrive che c’è richiesta di lavoro e il giorno dopo avrei potuto cominciare. A distanza di poche ore dalla mia iscrizione avevo già ottenuto un incarico. Incredibile! Rimaniamo tutti sorpresi, io più degli altri.

Il giorno successivo inizio a lavorare in vigna all’alba con altri cinque ragazzi francesi. Sul momento mi sono sentito spacciato, io l’unico italiano, mi faranno trovare lunghissimo, almeno così ho pensato.
Sorprendentemente invece, sono stati tutti molto gentili e amichevoli. Tutti loro si sforzavano di parlare inglese per non farmi sentire escluso. Mi sono chiesto nel caso contrario se cinque italiani, me compreso, avremmo fatto lo stesso. C’è tuttora una cosa per cui i francesi ci odiano e mi è stata sempre rinfacciata, il mondiale del 2006, brucia ancora tanto a distanza di molti anni.

Il lavoro non era molto faticoso, venivo pagato a ore per coprire le viti con reti, quest’ultime servivano per difendere i vigneti da canguri e uccelli affamati.
Parlando con i miei colleghi mi viene chiesto da quanto tempo fossi a Margaret, rispondo da meno di 48 ore e rimangono sbalorditi anche loro, mi chiedono come avessi fatto, dato che c’erano persone lì da settimane in attesa di lavorare, eppure ero stato scelto io tra tanti. Rispondo che probabilmente sono simpatico, forse è quello il motivo. Mi spiegano in realtà che la mia è stata una gran fortuna, senza saperlo stavo svolgendo uno dei lavori migliori che mi potesse capitare in tutta la regione. Non era troppo faticoso e venivo pagato 25 dollari l’ora. Ho scoperto in seguito che non mentivano, raccogliere l’uva era faticoso, stressante e mal pagato. Non so come, ma l’universo o la magia di Margaret mi hanno aiutato in qualche modo.

Avevo un lavoro ben pagato e una compagnia ottima nell’ostello, non potevo chiedere di meglio. 

Le settimane passavano in fretta e la vita a Margaret andava alla grande, riuscivo a mettere da parte dei soldi e in ostello si era creato un ambiente molto socievole con ottime vibrazioni. La stagione era iniziata e tutti avevano trovato lavoro, quindi non c’era più il clima di stress iniziale. 

Un pomeriggio verso fine febbraio è arrivato un nuovo gruppetto d’italiani da Melbourne. La stagione era iniziata e tanti nuovi backpackers arrivavano da ogni dove.
Quella sera facciamo amicizia con Alessio, arrivato a Margaret per la stagione, ha attraversato il paese intero per vivere la magia di quel posto. Inizialmente è un po’ timido nell’inserirsi nel gruppo già esistente, ma nel giro di pochi minuti si trasforma in una bomba di simpatia e lascia tutti in balia del suo carattere. Ale diventa fin da subito parte del gruppo. 

Mattia, Alessio, Andrea

I giorni passano e anche i nuovi arrivati trovano lavoro. Il gruppo si compatta e passiamo la maggior parte del tempo insieme dopo gli impegni lavorativi. Devo dire che per tutti noi la cosa più bella era tornare a casa, dopo qualche ora tra le vigne, e trovarci per passare il tempo insieme. Ore e ore su un divano sgangherato a raccontare stupidaggini e aneddoti di vita. Non so come ma le ore volavano con quei quattro. Era un mix di divertente serietà, della nostra vita privata, delle nostre esperienze e di un ipotetico futuro. Ci si dava consigli e ci si prendeva in giro senza che nessuno la prendesse sul personale, c’era un equilibrio particolare tra tutti. 

Anche con i ragazzi francesi in vigna si fortificano i rapporti, giorno dopo giorno con loro mi sono reso conto che tutti quei luoghi comuni con cui cresciamo in Europa sono davvero fuorvianti. Ho sempre avuto la convinzione che tra i due popoli il clima di rivalità fosse insormontabile, ma devo dire che tutte le opinioni avute in precedenza erano completamente sbagliate. La vita ti insegna e ti fa capire spesso che la realtà è sempre diversa da quello che ci si immagina. 

Giorno dopo giorno, in ostello, tra noi italiani nascono usanze e legami che noi del bel paese conosciamo bene, quella fratellanza tra connazionali che pochi popoli al mondo possono capire.
Il giovedì sera ad esempio era diventato un rituale preparare dei panini insieme, soprannominati poi “i panini zuzzus“ o “il giovedì del zuzzuso”. Andrea è stato il capitano e l’ideatore dei primi panini. Non esagero nel dire che l’intero ostello il giovedì sera ci osservava con grande invidia. A volte passavamo giorni a pensare come farcire i panini, ogni settimana diversi dai precedenti. Andrea si è guadagnato in breve il soprannome “Andrea o’ zuzzus” per l’incredibile capacità di preparare delle bombe caloriche degne di un esperto paninaro.
Il venerdì sera c’era la serata Pizza Domino, 5 dollari una pizza base, che farcivamo poi in ostello con quello che avevamo.
Delle sere scelte a caso avevamo ideato uno scherzo particolare per chi di noi andava a dormire prima degli altri. “L’X-Files Moment”, consisteva nell’entrare nella stanza del malcapitato mentre dormiva, ovviamente tutti insieme, con la colonna sonora di X-Files in sottofondo. L’X-Files Moment diventò talmente popolare e conosciuto in ostello che una sera l’intero gruppo di ragazzi ancora in piedi entrò nel nostro dormitorio M1, lo scherzo toccò a Marco quella volta, 25 ragazzi in quella stanzetta di 8 letti. Scene per cui abbiamo riso settimane; ancora oggi rido da solo ripensando a quei momenti. 

La domenica mattina, giorno libero per noi, era d’obbligo il caffè tutti insieme. L’unico che possedeva una moka era Mattia, aspettavamo tutti lui per un buon caffè all’italiana. Spesso per divertirsi Mattia ci ricattava in cambio dell’uso della caffettiera, oppure si lamentava del fatto di dover pagare da solo la confezione Lavazza da 10 dollari. La sua schiettezza con tutti e il suo naturale carattere nel dire le cose in faccia lo rendono noto, ha guadagnato in breve il soprannome “71”. Nella smorfia napoletana questo numero sta a omm’ ‘e merd’. C’è da dire anche che Mattia è stato la colla che ha tenuto il gruppo unito dopo tutti questi anni ed è il più disponibile.

Il tempo passa, esploriamo i dintorni di Margaret River. Tutta la regione è di una maestosità riscontrata poche volte durante i miei viaggi. É selvaggia, ricca di colori, animali e ha un’atmosfera tutta sua. Margaret River è famosa in tutto il mondo per una ragione. Mi rendo conto della fortuna avuta ogni giorno di più, è un posto dalla quale non vorrei mai andare via. Ci sono dei momenti della vita dove tutto sembra andare perfettamente, il luogo, le persone, il cibo, il lavoro; sono brevi periodi, a volte, ma rimangono impressi nella memoria per sempre, perché è quel lasso di tempo che pare ineguagliabile.

Alessio con il suo carattere giocherelloso e scherzoso con tutti, diventa il re della risata, soprannominato a volte The KIng per come è in grado di rendere tutto divertente e comico. Anche nei giorni più tristi, la presenza di Alessio garantiva a tutti il buon umore. Abbiamo anche soprannominato Alessio Quokka, data la somiglianza dolce con l’animale. Il Quokka è l’animale più felice del mondo, la particolarità di questo piccolo marsupiale è che sorride sempre, costantemente, e ricorda molto il sorriso spontaneo di Ale. 

Marco con le sue usanze anconetane ci divertiva spesso con i suoi termini, come ad esempio la parola “sgarbonare”. La simpatia e l’autenticità di Marco sono sempre stati i pali importanti del suo carattere. É semplicemente divertente quando è se stesso.
Ricordo di una sera, tornò da un appuntamento con una ragazza e dichiarò di essersi sgarbonato con lei. Scoppiamo tutti a ridere chiedendo il significato di tale affermazione. Per le nostre orecchie suonò come un delitto. Il bello dell’Italia è anche la particolarità dei nostri infiniti dialetti con termini del tutto diversi da regione in regione. Marco, come ho già spiegato prima, è un ragazzo alto dal cuore tenero, ha delle mani enormi come racchette da tennis, La sua particolare stazza viene premiata con il soprannome di “Mignolo”, il dito più piccolo della sua mano è grande quanto il mio intero arto. 

La banda di Margaret River è uno sgangherato gruppo di 5 ragazzi, totalmente diversi uno dall’altro, ma che per una ragione precisa si è ritrovato a vivere nello stesso posto e nello stesso periodo. Il tutto ha reso ogni cosa fantastica. 

Verso metà aprile ho concluso i miei 88 giorni di farm. Ho accumulato i giorni necessari per richiedere un ulteriore visto WorkingHolidayVisa in Australia. Il mio tempo a Margaret River giunge così verso il termine. Così inizio la preparazione per la partenza, direzione nord, verso Broome.
Ho avuto la fortuna d’intraprendere parte del viaggio con Andrea e Mattia.
Con loro ho condiviso uno dei road trip più belli della mia vita. Quel viaggio tra le terre selvagge del continente non lo dimenticherò mai. Ci siamo poi separati dopo una serie di eventi e qualche lacrima nell’estremo nord del paese.
Purtroppo Alessio e Marco non sono venuti con noi, avevamo tempi e obbiettivi diversi che non combaciavano con i nostri. É stato molto triste salutarsi ma sapevamo benissimo che non fosse un addio.
É stato come lasciare una parte di noi li a Margaret e, onestamente, abbiamo lasciato davvero un pezzo di cuore lì tra quelle terre di un’infinita bellezza.

Quel periodo a Margaret River è stato uno dei più belli e significativi della mia vita. So per certo che per tutti noi è stato lo stesso. Si è creata una famiglia. Credo che ci siamo incontrati per un motivo, per una ragione. La loro presenza a Margaret River ha reso la mia esperienza immortale. 

Ci sono miliardi di persone che vivono su questa terra, ma ne incontriamo solo alcune: quelle che faranno parte del nostro destino. Alcune per breve tempo, altre per molto, altre per sempre. 

Pubblicato da Pi.Anto

Viaggio con la mente da quando sono nato e con il corpo da quando ho avuto la possibilità. Cerco di capire me stesso e il mondo che mi circonda senza impazzire.

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