Un insegnamento dal Myanmar parte 1

“È assai sorprendente che le ricchezze degli uomini di Chiesa si siano originate dai princìpi di povertà.”

Montesquieu

Siamo molto più fortunati di quanto pensiamo

Bisogna essere grati per ciò che abbiamo 

Una delle cose più importanti della vita è saper dire grazie, ringraziare per ciò che abbiamo, essere grati per le opportunità di vita e per le lezioni che ci vengono insegnate ogni giorno, perché anche se sembrano cose banali, tutti i giorni, anche da quelli più scuri, possiamo imparare qualcosa.

Per quanto mi riguarda, uno dei posti che più di tutti mi ha lasciato un ricordo indelebile e una cicatrice invisibile è stato il Myanmar. Nella mia breve permanenza nel paese ho imparato ad apprezzare di più la mia vita, rispettare di più gli altri e perfino il mondo intero nonostante sia un postaccio maledetto, sporco e ingiusto! 

Vorrei condividere questa breve esperienza con gli altri, in modo che, anche solo per un attimo, possa far ragionare su quello che succede lì fuori nel mondo, tutti i giorni, da troppo ormai.   

Il Myanmar (Birmania fino al 1989) ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito nel 1948. Dopo un breve periodo di democrazia ha subito una dittatura militare fino al 2010. É stato chiuso ai turisti fino a quest’ultima data, dopodiché lentamente, il paese ha accolto migliaia di turisti da tutto il mondo fino all’arrivo della pandemia nel 2020 e recentemente ha subito un colpo di stato da parte dei militari nel febbraio 2021. Quando mi trovai in Myanmar nel gennaio 2020 il coronavirus era un nuovo virus riscontrato solo in Cina, ne parlavano tutti i giornali ma non diedi troppo peso alla cosa.

Economicamente il Myanmar è uno dei paesi più poveri e meno sviluppati del mondo. Ci si rende conto in fretta delle difficoltà che queste persone affrontano tutti i giorni.
Un cittadino su quattro vive in estrema povertà, la mancanza di risorse e la scarsa istruzione sono le principali cause. Inoltre non ci sono vere e proprie strade, non ci sono dei collegamenti ordinari per il paese, se non nelle grandi città, per il resto sono solo chilometri di strade battute non asfaltate con buchi e nuvoloni di polvere che si innalzano ogni qualvolta un mezzo sia in transito. Si può immaginare la difficoltà dei veicoli pesanti in queste strade, dei motorini nello schivare le crepe e tutto ciò, con il traffico persistente che rende tutto di una lentezza comprensibile. 

Photo by Dinis Bazgutdinov on Unsplash

L’ingresso nel paese

Entrai nel Myanmar passando dalla regione Nord-Occidentale Thailandese Tak, diretto verso la regione Mon, appena poche ore dal confine. Ebbi difficoltà nel trovare un trasporto pubblico disponibile, così optai per un taxi, una station wagon mezza abusiva che trasportava quante più persone possibili per racimolare qualcosa. Durante il tragitto fu davvero difficile sopportare il caldo del sole, con l’automobile piena di persone e completamente chiusa dati i polveroni stradali. 

Durante il tragitto una signora con suo figlio cercò di un passaggio e volle salire con noi. Ovviamente il guidatore non rifiutò, nonostante la macchina fosse piena, per racimolare qualche Kyat in più (il Kyat è la moneta del Myanmar). Chiese ai due giovani ragazzi accanto a me di andare a sedersi nel bagagliaio, così da creare più spazio in auto. Non ci furono lamentele da parte loro, evidentemente funziona così nel paese. Data la gentilezza che caratterizza spesso il popolo asiatico nei confronti dei turisti, quindi a me in quel caso, il guidatore non provò nemmeno a chiedermi di andare dietro. Mi proposi comunque io di mia spontanea volontà, stetti più di un’ora seduto con le ginocchia al petto, fianco a fianco con un altro ragazzo. Non sentì più le gambe, ma dato il poco spazio disponibile per muoversi tra i bagagli fui obbligato a rimanere in quella posizione fino alla fine del viaggio. Uno degli spostamenti più caratteristici che potessi mai fare. 

Arrivai al monastero Pa-Auk, la sera tardi dopo un lungo viaggio durato l’intera giornata. Un posto nella foresta davvero meraviglioso. La mia intenzione era quella di rimanere quattro giorni in questo enorme tempio di preghiera buddhista per migliorare la meditazione Vipassana appresa in Thailandia.

Mi presentai al monastero e gentilmente mi accolsero dei monaci. Dopo una breve presentazione, mi spiegarono gli orari e come funzionava il tempio, dopodichè  mi offrirono una camera in cui stare. Dopo una doccia non proprio calda -scoprì in seguito che in Myanmar il solo fatto di avere un bagno e una doccia in casa non è da poco- andai a dormire presto consapevole della sveglia alle cinque e mezza per la preghiera e la meditazione all’alba.

Il monastero dei monaci scorreggioni 

La sveglia fu particolarmente dura, la stanchezza del viaggio si fece sentire e il freddo inaspettato del Myanmar a gennaio mi sorprese non poco, dato che in Thailandia il giorno prima sudai dal caldo.

Girai un po’ alla ricerca del salone in cui iniziare la meditazione mattutina, il monastero era enorme, ci voleva almeno una mezz’ora di cammino per attraversarlo tutto. Segui dei monaci che camminavano nella mia stessa direzione, pensai fosse la miglior cosa. 

Notai subito un’enorme differenza tra il monastero thailandese in cui passai 10 giorni e questo qui: i monaci avevano il kesa di un colore diverso (è l’abito tipico dei monaci buddisti) tendente al rosso scuro, qualche monaco aveva tatuaggi visibili sul collo e sulle braccia, non tutti erano completamente rasati e inoltre ero l’unico straniero presente nella stanza.
Anche le preghiere furono diverse, ovviamente nella lingua locale quindi incomprensibili per me, ma il ritmo e il modo di pregare erano completamente diversi da quelli thailandesi, molto più veloci e ripetitivi.

Finita l’ora di meditazione ci dirigemmo verso la sala mensa per la colazione, c’erano tantissimi monaci in quella direzione. Il monaco che mi accolse il giorno precedente mi disse che il tempio ospitava circa 600 monaci. 

La colazione fu davvero abbondante nonostante l’infinità di monaci presenti. Riso, verdure, frutta e biscotti. Tutto fu davvero buono devo ammettere.
Finito il primo pasto della mattinata svolsi qualche breve faccenda mattutina, dopodichè fu ora per la seconda sessione di preghiera e meditazione. 

Si svolse tutto bene, il sole iniziava a scaldare la foresta in cui si trovava il monastero e io provai a concentrarmi di più sul mio obiettivo di mantenere la concentrazione più a lungo possibile. La meditazione era davvero qualcosa in cui volevo migliorare, avevo intenzione di praticarla nel miglior modo possibile, pensai anche di poter chiedere più tardi a qualche monaco consigli preziosi così da poter capire dai miei errori o il giusto modo di attuarla secondo la loro esperienza.

É giusto tutto ciò? 

Il pranzo non fu da meno, c’era una quantità di cibo incredibile, tutti ricevettero porzioni davvero generose. Si camminava con il vassoio in mano e delle persone addette al cibo, in genere volontari che lavorano nel monastero, distribuivano a tutti quello che c’era. Il mio vassoio fu così pieno che non ci stette più cibo, fu stracolmo di una quantità tale da non poterla finire, ma nonostante questo qualche volontario provò a mettere ancora qualche biscottino sulla cima delle porzioni. 

In genere non sono una persona che mangia poco, quindi per essere tanto per me significa che c’era davvero tanto cibo, provai a farci stare tutto nello stomaco per finire quella quantità gentilmente offerta, nonostante fossi pieno a poco più di metà vassoio, ma fu davvero impossibile per me. Mi guardai attorno cercando di capire se fossi l’unico con il medesimo problema, ma capì che altre persone come me ebbero difficoltà nel finire la pietanza al che molto cibo fu buttato. Mi sembrò uno spreco disumano, mi chiesi il motivo per la quale quella dose di cibo fosse stata distribuita. Non c’era assolutamente bisogno di mangiare così tanto, nessuno di noi ne aveva bisogno. 

I monaci buddisti si astengono al cibo dopo mezzogiorno fino al giorno successivo, così dopo pranzo, avendo due ore libere prima della prossima sessione di preghiera e meditazione decisi di camminare per scoprire il monastero e la bellezza del posto immerso nella foresta.

Di solito colgo queste occasioni durante i miei viaggi per gironzolare lentamente alla scoperta dei luoghi e pensare.

Mentre viaggiai verso questo monastero vidi tante persone per strada, il Myanmar ha davvero un’enorme quantità di gente che vive con molto poco, o forse nulla, nel paese viene considerato povero chi vive con meno di 1.500 kyat (0,87 euro) al giorno. Allora mi chiesi: perché questo cibo non viene ben distribuito in maniera equa con chi soffre la fame ogni giorno? Perché noi abbiamo tutto questo cibo mentre in tanti qui fuori muoiono di fame

Il cibo, come il denaro, normalmente sono offerte che altri donano ai monasteri o ai monaci in persona durante le cerimonie o i riti praticati dai buddisti. 

Vedere tutto quel cibo buttato mi diede un senso di dispiacere e disgusto. Quei sorrisi ricevuti durante la distribuzione del pasto da giovani volontari mi misero un’enorme tristezza, fu come tradire la loro generosità, mi sentì in colpa ad aver buttato quel cibo, anche se poco. Se solo tutte le persone potessero immaginare quanto cibo ci veniva dato, così tanto da non poterlo finire.
Pensai al centro di meditazione in Thailandia, anche lì il cibo era molto, per fortuna veniva quasi sempre finito tutto, ma comunque era molto abbondante. 

Iniziai a chiedermi quanto fosse corretto tutto questo. Quanto con le religioni, tutte, spesso, non si creino situazioni più favorevoli per coloro che le gestiscono quanto per chi le segue. 

Personalmente sono favorevole alla crescita spirituale, credo sia importante imparare e crescere eticamente, nel rispetto di se stessi e degli altri. Ragionandoci sopra, i messaggi o le regole, se così vogliamo chiamarle, in tutte le religioni sono abbastanza buone. Condividono più o meno tutte quante il rispetto per gli altri, l’amore e la condivisione. Il problema, secondo la mia opinione, dall’idea che mi sono fatto dalle esperienze vissute e con quello che ho potuto notare con i miei occhi, è che qualsiasi cosa gestita dall’uomo ha molto difetti, proprio perché l’uomo ne possiede molti e, le religioni possiedono a loro volta i difetti che l’uomo si trascina dietro come essere umano. 

Le persone aiutate dalle religioni nel mondo sono sicuramente tante, ci sono interi gruppi o comunità che fanno del bene tutti i giorni. Ci sono tante persone che si comportano più decentemente proprio grazie agli insegnamenti impartite dalle fedi, ma, penso anche a tutte quelle persone che come me durante quel pranzo mangiarono tanto sulle spalle dei credenti che continuamente donano cibo. Alle guerre scatenate tra le diverse credenze religiose in giro per il mondo, anche in Myanmar dove mi trovavo, c’erano molti conflitti legati alla religiosità e che proseguono tuttoggi. Alle regole imposte da queste fedi, che le persone seguono senza domandarsi se siano giuste o no e si arrivi persino a odiarsi o peggio uccidersi

Per quanto il buddismo sia stata la religione che io abbia rispettato maggiormente negli ultimi anni, quando iniziai a vedere più da vicino con i miei occhi, notai i difetti che spesso le religioni si portano con sé. Il buddismo non fa eccezione

A ogni modo, la meditazione non dev’essere per forza collegata alla religione, può essere praticata da tutti ed è questa la cosa più importante. 

Quando tornai per la prima preghiera e meditazione pomeridiana nel salone ci fu un sole molto caldo e si stava molto bene fuori. C’era un’aria che cullava lo spirito, era il momento perfetto per un’ora di meditazione nel tempio davanti al Budda in compagnia di decine di monaci. 

NON CI POTEVO CREDERE

Dopo la prima mezz’ora di preghiera, iniziò finalmente l’ora di silenzio dedicata al raccoglimento meditativo. Fui davvero molto concentrato. Trovai una posizione comoda, chiusi gli occhi e iniziai a rilassare la mente.

Penso che fossero passati pochi secondi da quel momento, al massimo un paio di minuti, ci fu un delizioso silenzio nel salone, quando a un certo punto sentii una scorreggia rumorosissima provenire da qualche parte della stanza. Fu un suono inconfondibile, non poté essere altro, al che totalmente confuso e sorpreso, aprii gli occhi incredulo per il suono appena udito. In quell’istante, senza preavviso uno dei monaci nella stanza ruttò con una forza tale da far rimbombare il suono nel salone. 

Non potevo credere ai miei occhi e alle mie orecchie. Fui talmente sorpreso da non sapere cosa pensare. 

Mentre cercai di mettere a fuoco quello che stava succedendo un peto forte quanto quello precedente rimbombò da un punto diverso del salone.  

In quel momento pensai che tutto fosse uno scherzo, una candid camera fatta a posta per me, mi sono detto, -dai mi stanno prendendo in giro, mi stanno filmando per uno show o per farsi due risate, non può essere vero-. 

Non appena finì di pensare questa frase un rutto forte quanto il peto echeggiò senza ritegno. Esclamai in italiano ad alta voce: “ma seriamente?”. Nessuno poteva capirmi ma uscì dalla mia bocca senza rendermene conto. 

Incredibilmente il concerto non sembrò avere un termine, fu un continuo alternarsi di rutti e scorregge

Ci misi diversi minuti prima di accettare la cosa, al che ormai rassegnato, chiusi gli occhi e cercai la concentrazione per continuare la meditazione. 

Adesso, immagina la scena, in questo stanzone pieno di monaci buddisti, io tra loro, mentre cerco di rilassare la mente, provo a meditare e faccio di tutto per emarginare quello che mi sta succedendo intorno. La meditazione di per sé è già qualcosa di difficile, proprio perché non è facile controllare la mente, rilassarsi e concentrarsi, infatti è consigliato di praticarla in un luogo tranquillo e da soli, invece se tutto ciò è disturbato da fattori esterni diventa davvero complicato. Quindi in questo caso fu davvero un’impresa. 

Non sono uno che demorde facilmente, quindi nonostante tutto diedi il meglio di me per isolare la mente da tutto ciò, al che, senza preavviso e senza scrupolo, il monaco seduto davanti a me scorreggiò pesantemente. Il suono fu talmente forte da eliminare totalmente la mia concentrazione. Aprì gli occhi ed esclamai un: “ma dai!!”.

Ero incredulo, non potevo credere a quello che mi stava succedendo, il monaco davanti a me si alzò e uscì dalla stanza con una mano sulla pancia. Ma perché non esci prima, pensai, invece di scoreggiarmi quasi addosso. 

Chiusi gli occhi ancora una volta, in cerca di questa difficile concentrazione, al che il tanfo pungente seguì il monaco appena uscito entrando nelle mie narici. La concentrazione fu impossibile, la puzza fu disgustosa e fu infattibile per me concentrarmi. 

Mi alzai e a mia volta uscì pochi secondi dopo l’ultimo monaco. Mentre mi dirigevo verso l’uscita il concerto di suoni corporei non terminò, non c’erano 10 secondi senza un rutto o un peto. Era inverosimile! 

Presi una boccata d’aria rinfrescante, mi ci voleva. L’aria fuori dalla stanza mi sembrò fresca e pulita. Incontrai il monaco seduto davanti a me lì fuori, stava prendendo una pausa, evidentemente ne aveva estremamente bisogno. Non fu l’unico che si alzò, in realtà molti monaci si aggiravano intorno al salone. 

Dopo qualche minuto di pausa decisi di affrontare questa situazione e di tornare dentro. In un modo o nell’altro doveva finire. 

Provai e riprovai, misi tutto me stesso per concentrarmi ma fu inutile. Non ci furono 30 secondi continui di silenzio. Per tutta la durata della meditazione i  monaci non fecero altro che ruttare e scoreggiare. Decisi sconsolato che per me era abbastanza. Mi alzai e andai via. 

Camminai verso la parte opposta del monastero, avevo bisogno di passeggiare un po’. Mi sembrò di interpretare un film comico di serie b, una specie di cinepanettone tragicomico stile Massimo Boldi e  Christian De Sica, dove il protagonista in cerca di pace e tranquillità trova invece un monastero di monaci scoreggioni.

Una situazione surreale!

La passeggiata funzionò bene, presi con sarcasmo quello che accadde durante la meditazione, d’altronde non potei far altro se non riderci su. Probabilmente il cibo seppur abbondante non fu di una qualità salutare

Camminando per il monastero mi imbattei nella sezione femminile. Fu stranissimo vedere decine di monache con il kesa rosa. In nessun altro paese asitico vidi delle monache. Mi fece uno strano effetto. Fu anche strano pensare che non fosse permesso a nessuno, monaci compresi, dividere spazi in comune ma anzi, la presenza dell’altro sesso era vietata per evitare distrazioni di vario genere. Personalmente pensai che dopo vari anni di pratiche i monaci dovrebbero aver imparato a controllare se stessi, i loro impulsi o qualsiasi conseguenza che porti la vicinanza del sesso opposto. Evidentemente non era così, come qualsiasi essere umano anche loro erano deboli di fronte alle tentazioni. Dopo qualche sguardo stranito decisi di allontanarmi, non era mia intenzione infastidire qualcuno, così tornai verso l’ufficio per provare a parlare con il monaco che mi accolse. 

Quando trovò dieci minuti per me, il monaco gentilmente accolse le mie domande. Gli chiesi come migliorare la meditazione dato che trovavo spesso difficile concentrarmi. Mi rispose con pazienza e gentilezza. Mi consigliò di concentrarmi sul respiro e sul presente. Approfittai del momento per chiedere se fosse normale quel trambusto di suoni corporali, insomma era anche più difficile concentrarsi con rutti e puzze varie. Girò intorno a quello che dissi e non rispose. Al che me ne andai e mi preparai per l’ultima sessione serale. 

Molto deciso e pronto a tutto mi sedetti al mio solito posto. Iniziammo l’ultima preghiera della serata, fin lì tutto bene, non ci fu traccia di disturbi o malesseri corporei. La preghiera proseguì liscia al solito ritmo. 

Arrivò il momento della meditazione, sperai di potermi concentrare dopo i consigli del monaco e poterli mettere in pratica subito. 

Ci furono pochi secondi di assoluto silenzio, un’assoluta pace degna di un monastero buddista. Ebbi la sensazione che fosse la volta buona per una meditazione come si deve, ma purtroppo non fu l’unica cosa che sentì. 

Un peto degno di una supercazzola interrompette la pace creatasi nella stanza. 

Infastidito aprì gli occhi e dopo qualche secondo una flatulenza rintronò dalla parte opposta della stanza. Sfortunatamente l’esibizione musicale di suoni disgustosi ricominciò senza tregua. Resistetti su per giù dieci o quindici minuti, al che arreso e sconfitto me ne andai, ormai rassegnato dalla giornata poco producente dal punto di vista spirituale. Non riuscì davvero a concentrarmi e mi chiesi se tutto ciò fosse normale. Forse per loro era davvero una cosa naturale durante quei momenti. D’altronde sono cose naturali mi dissi, fanno parte del nostro corpo e del nostro essere. Perché nasconderli o sforzarsi di tenerli dentro di sé quando è possibile lasciarli andare. Alla fine, conclusi che sono cose naturali, ma anche che per me era impossibile concentrarmi con quella puzza che infestava il mio naso. 

Dopo qualche ora presi una decisione. Se l’indomani la situazione non fosse cambiata me ne sarei andato. Ero dispiaciuto ma non potevo spendere le mie giornate in quel modo. Non era quello che cercavo e non trovavo più divertente passare un’ora intera tra rutti e scorregge.      

Andai a dormire alla buon ora con la speranza di rimanere qualche giorno in più nel monastero. 

Alle cinque e trenta del mattino ero in piedi, faceva molto freddo e mi preparai per quella che poteva essere la mia ultima sessione mattutina. Inizialmente ci fu il momento della preghiera e anche se un po’ assonnato cercai di rimanere concentrato nonostante la lingua fosse incomprensibile. 

Quando iniziò il momento della meditazione ci furono pochi minuti di silenzio, al che ahimè dopo questa breve pausa cominciò di nuovo quella che sembrava una gara di rutti e puzzette. Una flatulenza rumorosa dietro l’altra, a mio parere piuttosto inspiegabili a quell’ora del mattino, ma purtroppo reali come la puzza che ogni tanto si manifestava.

Come deciso il giorno prima mi preparai psicologicamente ad andar via quella stessa mattina, la mia avventura nel monastero era finita e dopo la colazione, abbondante come il giorno prima con riso e verdure, al sorgere del sole preparai le mie cose e avvertì il monaco gentile che mi accolse ancora una volta. Mi chiese spiegazioni, io semplicemente dissi che non sentì quel posto mio e che non riuscì a concentrarmi come si deve. Aggiunsi nella spiegazione anche il fatto di non sapere se fossero normali tutti quei suoni durante la meditazione. Non parve capire, o semplicemente faceva finta di non capire.

Mi incamminai verso l’uscita con lo zaino sulle spalle, ci fu una bella mezz’ora di cammino e ripensai a quei due giorni molto particolari appena trascorsi. 

Non sempre i monasteri e i buddisti sono come ci s’immagina, le religioni in generale hanno un lato nascosto piuttosto particolare. 

Sempre di più mi convincevo che un mondo senza religioni sarebbe un mondo migliore. Forse duemila anni fa senza leggi ben precise e organi di sicurezza potevano funzionare questi sistemi di ricatto, dove se ci si comporta male in questa vita potrebbe andare male in un discutibile futuro o aldilà. 

La spiritualità è qualcosa di molto importante e da quel momento ho preferito continuare personalmente senza l’aiuto di altri, a modo mio

Ero da poco entrato in Myanmar e avevo già ricevuto un’ondata di emozioni non da poco, ma era solo l’inizio. Il viaggio doveva proseguire

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